nika volpe
RISPOSTA: Salve, alla lavoratrice assunta con contratto a tempo determinato spetta il diritto all'astensione obbligatoria (che ricordiamo dura 5 mesi e di regola parte 2 mesi prima della data del parto presunto e si protrae fino ai 3 mesi successivi al parto), come tutti gli altri lavoratori a tempo indeterminato. Alla lavoratrice madre spetta il diritto a percepire l'indennità di maternità per tutta la durata del periodo di astensione obbligatoria, anche nel caso il termine del contratto sia scaduto durante il periodo di astensione stessa. Vediamo ora i casi in cui la corresponsione dell'indennità di malattia avviene oltre il termine del rapporto lavorativo. Sui vari casi sono intervenuti prima il Consiglio di Stato e poi il Ministero del lavoro, vediamo tutti i casi. Caso n. 1: Maternità e contratto a termine scaduto entro 60 giorni prima del parto. Si tratta di uno dei casi in cui la scadenza del contratto a tempo determinato avviene durante il periodo di congedo per maternità. Nel caso in cui il contratto a termine è scaduto, la lavoratrice ha diritto alla percezione dell'indennità di maternità per tutto il periodo di astensione obbligatoria, quindi sempre 2 mesi prima del parto e 3 mesi dopo la nascita del figlio, a condizione che tra la data di cessazione del rapporto di lavoro per scadenza del termine e la data presunta del parto sia trascorso un intervallo di tempo non superiore a 60 giorni. In questo caso, l'indennità di maternità resta percepita dalla lavoratrice per intero, cioè per 5 mesi. Esempio: se la data presunta del parto è il 31 luglio e la di scadenza del contratto a termine è il 15 giugno, il termine è nei 60 giorni precedenti il parto (il termine del 15 giugno cade a 45 giorni dalla data del parto presunto). Alla lavoratrice spetta l'interdizione obbligatoria e l'indennità di maternità fino al 31 ottobre o dopo 3 mesi dal parto (con inizio della corresponsione da parte dell'Inps dal mese di maggio). Contratto a termine e l'estensione del periodo di concedo. Decorsi i tre mesi post partum indennizzati (nell'esempio dopo il 31 ottobre), non si possono disporre estensioni del periodo di concedo, salvo che non ci sia un rinnovo del contratto a termine o un nuovo rapporto di lavoro, nei casi in cui è possibile disporre l'interdizione fino al settimo mese di vita del neonato. Contratto a termine e maternità anticipata. Nel caso di gravidanza a rischio, la lavoratrice può ottenere l'anticipo del periodo di astensione da lavoro, tramite la Direzione provinciale del lavoro che dispone, su domanda dell'interessata e accertamento medico, l'interdizione anticipata da lavoro. Anche in questo caso la lavoratrice ha diritto all'indennità di maternità. Quest'ultima sarà percepita per intero, quindi per 5 mesi, se il contratto di lavoro a termine si è concluso entro 60 giorni dalla presunta del parto. Caso n. 2: Maternità e contratto a termine scaduto entro i tre mesi successivi al parto. Anche in questo caso la scadenza del contratto a termine cade durante il periodo di congedo di maternità, ed anche in questo caso il diritto al concedo spetta comunque per tutti i 5 mesi di astensione obbligatoria, anche se il contratto è terminato in anticipo rispetto ai 3 mesi post partum indennizzati. Esempio. Parto avvenuto il 31 luglio e scadenza del contratto a termine il 15 settembre (quindi entro i 3 mesi successivi al parto). Il diritto al congedo e l'indennità di maternità spettano comunque fino al 31 ottobre. Caso n. 3: Scadenza del termine entro 60 giorni precedenti l'astensione obbligatoria. In questo caso si applica l'interdizione obbligatoria e la lavoratrice ha diritto alla percezione dell'indennità di maternità per il totale dei 5 mesi. Esempio: parto previsto per il 31 luglio e scadenza del contratto a tempo determinato il 15 aprile (entro 60 giorni dall'inizio dell'astensione obbligatoria prevista per il 1 giugno). In questo caso la lavoratrice percepirà l'indennità di maternità dal 1 giugno al 31 ottobre, per tutti e 5 i mesi dell'astensione obbligatoria. Caso n. 4: Scadenza del termine entro 60 giorni precedenti e astensione anticipata. In questo caso abbiamo la scadenza del contratto entro 60 giorni precedenti ai due mesi prima del parto, ma con la lavoratrice che è già in congedo anticipato ai sensi dell'ex art. 17 comma 2 lettera b) o c) del Testo Unico sulla maternità (D. Lgs. n. 151 del 2001), cioè: Quando le condizioni di lavoro o ambientali ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino; quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni. In questo caso, l'anticipazione dell'interdizione si interrompe con il cessare del rapporto di lavoro e si applica l'interdizione obbligatoria dai 2 mesi prima del parto e fino a tre mesi dopo. Esempio. Parto previsto il 31 luglio e scadenza del contratto il 15 aprile (entro 60 giorni precedenti i due mesi prima del parto) ed il 15 aprile la lavoratrice è già in astensione anticipata. In questo caso l'interdizione si interrompe il 15 aprile ed il 1 maggio parte l'interdizione obbligatoria fino al 31 ottobre o comunque tre mesi dopo la data effettiva della nascita. Nello stesso caso appena descritto, nel caso in cui il congedo anticipato sia ai sensi della lettera a) del comma 2 dell'ex art. 17 del Testo Unico sulla Maternità, cioè quando sussistano gravi complicanze alla gravidanza o preesistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza, l'anticipazione dell'interdizione non si interrompe con il cessare del rapporto di lavoro (nell'esempio il 15 aprile) ma prosegue, sussistendo ragioni mediche, fino al 31 ottobre, cioè i tre mesi dopo il parto. Caso n. 5: Maternità e contratto a termine scaduto da più di 180 giorni. Nel caso in cui il contratto a termine è scaduto in una data oltre i 60 giorni precedenti i due mesi prima del parto, la lavoratrice non ha diritto all'interdizione obbligatoria. Ma se la lavoratrice alla scadenza del contratto è in congedo ex art. 17 comma 2, lettera a), cioè nel caso sussistano gravi complicanze alla gravidanza o preesistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza, in questo caso l'anticipazione dell'interdizione non si interrompe con il cessare del rapporto ma prosegue, sussistendo sempre le ragioni mediche, fino ai tre mesi dopo il parto. Esempio. Parto previsto il 31 luglio e scadenza del contratto al 15 febbraio, con la lavoratrice in congedo anticipato per gravi complicanze. L'interdizione anticipata non si interrompe e prosegue fino al 30 ottobre, tre mesi dopo il parto. Sempre nel caso di cui sopra, se invece il contratto con la lavoratrice scade il 31 dicembre (e comunque ben oltre i 180 giorni dalla data presunta del parto), ma c'è la richiesta entro 60 giorni dalla scadenza contrattuale di un congedo ex art. 18 comma 2 lettera a) per gravi complicanze nella gravidanza, l'anticipazione dell'interdizione può essere rinnovata nonostante la cessazione del rapporto di lavoro. Cordiali saluti.